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Docenti italiani: è emergenza salariale

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Non sono certo una novità, purtroppo, i dati diffusi oggi dalla Ragioneria Centrale, che certificano una condizione ben nota al personale della scuola, i cui stipendi sono il fanalino di coda all’interno di un pubblico impiego tutt’altro che ben retribuito. “Abbiamo da tempo segnalato – afferma la segretaria generale CISL Scuola Maddalena Gissi – che in un’emergenza retributiva generale del settore pubblico la situazione più grave riguarda i docenti. Sul dato che la Ragioneria rileva incide anche il fatto che vanno in pensione figure che hanno superato i 35 anni di servizio, mentre chi entra in ruolo comincia la sua attività professionale con una retribuzione più bassa, attorno ai 1300 – 1400 euro a seconda della qualifica, ma questo non giustifica certo una situazione intollerabile.

Quando abbiamo chiesto di investire nella scuola – prosegue Maddalena Gissi – sapevamo che c’erano problematiche come questa, rischiano di restare una chimera gli stupendi europei se gli impegni di spesa che il Governo aveva promesso in campagna elettorale vanno in altra direzione. Del resto l’emergenza salari è uno dei punti forti della mobilitazione che stiamo mettendo in atto con tutte le altre principali sigle sindacali”.

“Ci aspettiamo un segnale chiaro e immediato – conclude la segretaria generale della CISL Scuola – diversamente sarà difficile sostenere che non è arrivato il momento di scioperare per rendere più dignitose le nostre retribuzioni e accrescere il potere d’acquisto; di andare in questa direzione ce lo stanno chiedendo le lavoratrici e i lavoratori ed è un segnale che sta emergendo chiaramente anche negli attivi unitari in corso di svolgimento. Chiediamo che un fondo ad hoc per l’istruzione sia stabilito già a partire dal Def di imminente approvazione”.

Scuola secondaria II grado, esami di Stato 2019: la formazione delle commissioni

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Il MIUR ha emanato la nota prot. n. 5222 del 26.3.2019 relativa alla formazione delle commissioni dell'esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione. L'allegato 5riporta la tempistica per la presentazione delle domande che devono essere prodotte dagli interessati entro il prossimo 12 aprile.

La nota 5222 applica i contenuti del D.M. n. 183/2019 adottato ai sensi dell'art. 16, comma 4, del decreto legislativo n. 62/2017.

Si segnala, in particolare, l'introduzione della facoltà ai dirigenti scolastici degli istituti statali del primo ciclo di istruzione di presentare domanda come presidente. Se nominati, detti dirigenti potranno essere sostituiti nella propria scuola (per gli esami conclusivi del primo ciclo) da un docente collaboratore individuato ai sensi del decreto legislativo n. 165/2001.

LOCANDINA REQUISITI QUOTA 100 ACCESSO PENSIONISTICO

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Sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca è stata pubblicata  la circolare di attuazione del decreto legge 28 gennaio 2019 n.4, per la cosiddetta “quota 100” e tutte le altre forme di trattamento di pensione anticipata.

La circolare riporta nel dettaglio i requisiti necessari e le indicazioni operative per aderire alle varie forme di pensionamento anticipato. La domanda potrà essere presentata on line dal 4 al 28 febbraio prossimi attraverso il sistema Polis.

Per consulenza gratuita, previo appuntamento, indichiamo le sedi INAS della provincia di Cosenza.

CORSI DI SPECIALIZZAZIONE TFA SOSTEGNO DM MIUR N.92 DEL 08/02/2019

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REQUISISTI DI AMMISSIONE E ARTICOLAZIONE DEL PERCORSO art.3

Per l’Infanzia e primaria si accede al percorso con abilitazione all’insegnamento conseguita attraverso:

Laurea in Scienze della Formazione primaria o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia; ovvero

Diploma triennale di scuola Magistrale (solo per l’infanzia)

Diploma magistrale;

Diploma sperimentale a indirizzo psicopedagogico;

Diploma sperimentale a indirizzo linguistico; conseguiti entro l’a.s.2001/2002 o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia

Per la scuola secondaria di I e II grado al percorso si accede con:

Abilitazione rispettivamente per una classe di concorso della scuola secondaria di I o di II grado;

ovvero

Titolo di studio di accesso alla specifica classe di concorso rispettivamente per una classe di concorso della scuola secondaria di I o di II grado + 24 CFU/CFA ovvero

Titolo di accesso ad una classe di concorso per il I o il II grado + abilitazione per altra classe di concorso o altro grado di istruzione (non servono i 24CFU); ovvero

Titolo di studio di accesso per una classe di concorso per la scuola di I o di II grado + tre annualità di servizio su posto comune o di sostegno nel corso degli otto anni scolastici precedenti, entro il termine di presentazione delle istanze di partecipazione (non servono pertanto i 24 CFU);

ovvero

Per gli ITP, fino al 2024/25, titolo di studio di accesso (è sufficiente il diploma senza i 24 CFU e senza il requisito dei 36 mesi di servizio)

Sono ammessi con riserva coloro che avendo conseguito il titolo abilitante all’estero, abbiano presentato la relativa domanda di riconoscimento alla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici entro la data termine per la presentazione delle istanze per la partecipazione alla specifica procedura di selezione.

Regionalizzazione del sistema di istruzione, un appello dei sindacati scuola e del mondo dell’associazionismo per fermarla

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Contro la regionalizzazione del sistema di istruzione

Al fine di consentire la raccolta di adesioni all’appello contro la regionalizzazione del sistema scolastico è stata attivata una casella di posta elettronica il cui indirizzo è Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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Come è noto, le Regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto hanno, tra l’altro, chiesto al Governo forme ulteriori e condizioni specifiche di autonomia in materia di istruzione e formazione.
L’obiettivo è quello di regionalizzare la scuola e l’intero sistema formativo tramite una vera e propria “secessione” delle Regioni più ricche, che porterà a un sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio. Si avranno, come conseguenza immediata, inquadramenti contrattuali del personale su base regionale;
salari, forme di reclutamento e sistemi di valutazione disuguali; livelli ancor più differenziati di welfare studentesco e percorsi educativi diversificati. Di fatto viene meno il ruolo dello Stato come garante di unità nazionale, solidarietà e perequazione tra le diverse aree del Paese; ne consegue una forte diversificazione nella concreta esigibilità di diritti fondamentali.
La proposta avanzata dalle Regioni si basa sulle previsioni contenute nell’art. 116 della Costituzione, modificato dalla riforma del Titolo V approvata nel 2001, che consente a ciascuna Regione ordinaria di negoziare particolari e specifiche condizioni di autonomia. Fino ad oggi quelle disposizioni non erano mai state applicate, essendo peraltro già riconosciute alle Regioni potestà legislativa regionale esclusiva e concorrente in molte materie; ora invece, nelle richieste avanzate da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, gli effetti dell’autonomia regionale ulteriormente rinforzata investono l’intero sistema dell’istruzione con conseguenze gravissime. Vengono meno principi supremi della Costituzione racchiusi nei valori inderogabili e non negoziabili contenuti nella prima parte della Carta costituzionale, che impegnano lo Stato ad assicurare un pari livello di formazione scolastica e di istruzione a tutti, con particolare attenzione alle aree territoriali con minori risorse disponibili e alle persone in condizioni di svantaggio economico e sociale.
La scuola non è un semplice servizio, ma una funzione primaria garantita dallo Stato a tutti i cittadini italiani, quali che siano la regione in cui risiedono, il loro reddito, la loro identità culturale e religiosa.
L’unitarietà culturale e politica del sistema di istruzione e ricerca è condizione irrinunciabile per garantire uguaglianza di opportunità alle nuove generazioni nell’accesso alla cultura, all’istruzione e alla formazione fino ai suoi più alti livelli.
Forte è la preoccupazione che l’intero percorso venga gestito con modalità che non consentono un’approfondita discussione di merito, dal momento che le Camere potrebbero essere chiamate non a discutere e a valutare, ma unicamente a pronunciarsi su ciò che le Regioni richiedenti e il Governo avranno precedentemente sottoscritto; tutto ciò con vincoli giuridici decennali.

Con l’introduzione dell’autonomia differenziata, che destruttura il modello configurato dalla Costituzione Repubblicana,si portano a compimento scelte politiche che più volte negli ultimi anni hanno indebolito le condizioni di vita delle persone e della società.
A nulla valgono le rassicurazioni circa il fatto che alcune Regioni richiedenti non avrebbero in termini finanziari niente di più di quello che oggi spende lo Stato per i servizi trasferiti.
Quelle Regioni insistono in realtà nel voler stabilire i trasferimenti di risorse sulla base della riduzione del cosiddetto “residuo fiscale”, cioè la differenza fra gettito fiscale complessivo dei contribuenti di una regione e restituzione in termini di spesa per i servizi pubblici.
Sarà quindi inevitabile l’aumento del divario tra nord e sud e tra i settori più deboli e indifesi della società e quelli più abbienti. In tale contesto, dunque, una scuola organizzata a livello regionale sulla base di specifiche disponibilità economiche, rappresenta una netta smentita di quanto sancito dagli articoli 3, 33 e 34 della Costituzione a fondamento del principio di uguaglianza, cardine della nostra democrazia, e lede gravemente altri principi come quello della libertà di insegnamento.
La scuola della Repubblica, garante del pluralismo culturale e preposta a rimuovere ogni ostacolo economico e sociale è, e deve essere, a carico della fiscalità generale nazionale, semplicemente perché esprime e soddisfa l’interesse generale.
Un Paese che voglia innalzare il proprio livello d’istruzione generale deve unificare, anziché separare: unificare i percorsi didattici, soprattutto nella scuola dell’obbligo; garantire, incrementandola, l’offerta educativa e formativa e le possibilità di accesso all’istruzione fino ai suoi livelli più elevati; assicurare la qualità e la quantità dell’offerta di istruzione e formazione in tutto il Paese, senza distinzioni e gerarchie.
Regionalizzare la scuola e il sistema educativo e formativo significa prefigurare istituti e studenti di serie A e di serie B a seconda delle risorse del territorio; ignorare il principio delle pari opportunità culturali e sociali e sostituirlo con quello delle impari opportunità economiche; disarticolare il CCNL attraverso sperequazioni inaccettabili negli stipendi e negli orari dei lavoratori della scuola che operano nella stessa tipologia di istituzione scolastica, nelle condizioni di formazione e reclutamento dei docenti, nei sistemi di valutazione, trasformati in sistemi di controllo; subordinare l’organizzazione scolastica alle scelte politiche – prima ancora che economiche – di ogni singolo Consiglio regionale; condizionare localmente gli organi collegiali. Significa in sostanza frantumare il sistema
educativo e formativo nazionale e la cultura stessa del Paese. Questa frammentazione sarà foriera di una disgregazione culturale e sociale che il nostro Paese non potrebbe assolutamente tollerare, pena la disarticolazione di un tessuto già fragile, fin troppo segnato da storie ed esperienze non di rado contrastanti e divisive.
Per questo lanciamo il nostro appello ad un generale e forte impegno civile e culturale, affinché si fermi il pericoloso processo intrapreso e si avvii immediatamente una confronto con tutti i soggetti istituzionali e sociali.

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Di fronte ai pericoli della strada intrapresa, intendiamo mobilitarci, a partire dal mondo della scuola, perché si apra un grande dibattito in Parlamento e nel Paese, che coinvolga i soggetti di rappresentanza politica e sociale e tutti i cittadini, come si richiede per una materia di tale importanza per la vita delle persone e dell’intera comunità nazionale.
Contrastare la regionalizzazione dell’istruzione in difesa del principio supremo dell’uguaglianza e dell’unità della Repubblica è un compito primario di tutte le forze politiche, sindacali e associative che rendono vivo e vitale il tessuto democratico del Paese.

Roma, 15 febbraio 2019

ADERISCI!
#RestiamoUniti

Promotori:
Sindacati: FLC CGIL, CISL Scuola, UIL Scuola RUA, Gilda Unams, SNALS Confsal, Cobas, Unicobas Scuola e Università.
Associazioni: Associazione Nazionale “Per la scuola della Repubblica”, ACLI, AIMC, ANDDL, ASSUR, CIDI, MCE, UCIIM, IRASE, IRSEF IRFED, Proteo Fare Sapere, Associazione Docenti Art. 33, CESP, Associazione “Unicorno-l’AltrascuolA”, “Appello per la scuola pubblica”, Autoconvocati della Scuola, Gruppo No Invalsi, Link, Lip scuola, Manifesto dei 500, Rete degli studenti medi, Rete della conoscenza, Unione degli Studenti, Uds, Udu.